CORRISPONDENZE CON I GIORNALI
Lettere ricevute o inviate alla stampa e pubblicate
Ciao Sergio L'inganno storico e la suggestione
LA DONNA DEL MOSTRO PACCIANI Ovvero il segno del comando... sulla violenza
Che
educazione è la liturgia del falso?
1 settembre 2006
Il papa visita a Manoppello il cosiddetto Volto Santo, una icona
che si pretende essere una reliquia del figlio cristiano
sacrificato per volontà dello Spirito Santo. In questo modo
egli legittima l’ennesimo dei falsi storici di cui è
lastricata l’identità culturale e pedagogica della chiesa.
Bisogna distinguere: una cosa è la rappresentazione liturgica
di una icona che rappresenta un valore ideale (seppur
discutibile, come quello che fa derivare la salvezza dell’uomo
dalla morte procurata di un debole: Mors tua vita mea!);
altra cosa è la sua somministrazione in chiave di verità e di
fede come fa la chiesa e come, purtroppo, tengono a ribadire i
canali mediatici dell’informazione. La fantasia e il simbolico
sono pura rappresentazione; divengono falsità e menzogna
diseducativa quando sono spacciati per autenticità, assioma del
vangelo. Qui la pedagogia cristiana è malafede, truffa,
induzione alla frode. Che senso ha perseguire il dolo dei
santoni o degli imbonitori alla Mamma Ebe, se poi si avvalla
addirittura la speculazione dell’egemonia educativa della
prima multinazionale dell’imbroglio? Il bene nasce forse dalla
menzogna?
Che effetti formativi può generare nei bambini di oggi e uomini di
domani l’educazione ad un credo improntato in modo palese,
dimostrabile, alla falsità e all’inganno? Chi dunque
contribuisce da sempre alla costruzione del degrado e della
miseria umana?
Sergio Martella
Lettera inviata al Gazzettino e pubblicataVENETO TERRA DI GHETTI?
La parola stessa e la realtà del “ghetto”, appartengono alla tradizione storica e sociale del Veneto. Dai tempi della reclusione degli Ebrei a Venezia, al ghetto di via Anelli dove sono stati reclusi di fatto gli immigrati dalla buona coscienza dei solerti cittadini, si direbbe che non sono cambiate di molto le propensioni sociali dei Veneti. Sporchi, diversi e cattivi: le attribuzioni di disvalore delle etnie diverse più spesso seguono, anziché precedere, gli atteggiamenti di esclusione e di segregazione fatta dal conformismo dei locali. Non occorre un grande intuito per capire che il modo in cui gli immigrati si comportano è in larghissima parte conseguenza della qualità umana di chi li ospita o dovrebbe provvedere alla convivenza. Non mi soffermo sul fatto crudele e rimosso dalla coscienza di tutti che questi immigrati sono qui, legali o clandestini, unicamente per una criminale logica del marketing della forza di lavoro a prezzi stracciati gestita dalla politica globalista delle imprese (fino a 15, 20 anni fa nessuno di loro si era sognato di farsi derubare e rischiare la vita per venire in Europa!).
Mi limito soltanto a rilevare come l’atteggiamento di esclusione,
ghettizzazione e criminalizzazione è talmente diffuso e radicato nella
coscienza dei locali che viene applicata con la stessa efficacia contro
i loro stessi figli, quando colti dal dionisiaco bisogno di
trasgressione si inventano il rito dello spritz di massa nelle piazze
del centro. Non fanno altro che celebrare l’antico rito dell’ombretta
tanto caro ai loro nonni, eppure sono assimilati alla pericolosità di
una banda armata, al punto da aver convinto l’amministrazione ad
adottare il solito e drastico provvedimento: il ghetto. Questa volta
sulle sponde del Piovego al Portello, per allontanare dal centro
imbalsamato i giovinastri o, forse, per contrastare l’occupazione
pacifica di quelle (onte) sponde che già gli immigrati avevano fatto in
modo massiccio. Credete che basti per placare l’innata propensione al
rancore e all’intolleranza? Ovviamente no, già partono lancia in
resta le iniziative dei comitati civici e dei quartieranti di mestiere
per continuare la squallida e già vista rassegna dell’insofferenza,
del settarismo, della litigiosità e dell’insoddisfazione ad ogni
costo, segni evidenti di una irrisolta povertà sociale e culturale nel
ricco Nord Est.
Sergio Martella
Riflettere
sul ruolo
della famiglia
Il Gazzettino di Padova Martedì, 16 Maggio 2006
Riflettere sul ruolo della famigliaÈ successo ancora. Jennifer, una giovane vittima di violenza da parte del solito amico, fidanzato, marito, amante. Queste categorie sembrano essere una potenziale minaccia nella vita di una donna: già Avvenimenti (25/06/1997) pubblicava il resoconto di Telefono Rosa secondo il quale l'89\% delle violenze denunciate dalle donne provengono dai compagni con i quali intrattengono relazione. Nessuno tuttavia coglie il senso più sconcertante di questo dato: perché la violenza non è opera di un estraneo, ma di un soggetto che è stato vagliato e in precedenza accolto dalla donna stessa? La Bella e la Bestia, King Kong, il Drago e la fanciulla prigioniera. quale maledizione incatena la giovane donna ad un destino preordinato di violenza? Suggerisco di rileggere le favole - se non si vuole affrontare lo studio della psicoanalisi (consiglierei: E.Neumann, La psicologia del femminile, Astrolabio) - perché anche le favole insegnano che la componente masochista nella persona è l'inevitabile effetto di un affetto sadico nell'educazione familiare. La letteratura spontanea riporta il ruolo della strega, della matrigna e della dormiente avvelenata, la figlia infelice, spesso destinata a dover morire per risorgere a causa dell'invidia materna. Una educazione fondata sul peccato, sull'esproprio della sessualità, sul sacrificio del figlio genera inevitabilmente nei giovani una pari disposizione all'autodistruttività.
È ora di fare delle serie riflessioni, anche sugli organi di informazione, perché l'insopportabile responsabilità della crudeltà negli eventi di cronaca ricade sulla coscienza di ciascuno. Non si può tacere con omertà ed omissioni. Bisogna riflettere innanzitutto sul ruolo della famiglia e dell'educazione religiosa improntata ad esaltare il ruolo salvifico della morte del figlio. Può la salvezza derivare dal sacrificio di un debole? Non l'assenza di questi valori, ma la loro egemonia nell'educazione dei giovani genera una realtà di violenza e disgrazie.
Fa riflettere soprattutto il discutibile gesto della madre di Jennifer che non esita ad ostentare il corpicino di un bimbo, l'ennesimo, mai nato all'amore vero dell'uomo.
Sergio Martella
Padova
* http://www.arte-e-psiche.com/a&preport/Telefonorosa-violenza.gif
da
pubblicare e diffondere - comunicato stampa
C’è
il crocifisso in municipio?
Riprendetevi
la tessera elettorale, io non voterò
Sergio
Martella, psicoterapeuta, scrive al presidente Ciampi, al ministro Pisanu e al
sindaco affinchè il crocifisso venga rimosso essendo in un ufficio laico e
pubblico
Padova
– “Sono pervenuto alla decisione di
restituire la tessera elettorale all’ufficio competente del comune di Padova,
sede di mia residenza, privandomi del diritto dovere del voto” comincia
così la lettera che Sergio Martella, psicoterapeuta, studioso e autore di
brillanti libri di saggi, ha inviato al presidente Carlo Azeglio Ciampi, al
ministro Giuseppe Pisanu e a Flavio Zanonato sindaco della città. Continua la
lettera: “Mi asterrò dal partecipare ad ogni scadenza elettorale fintantoché,
presso i locali dell’ufficio elettorale, non sarà rimosso il crocifisso,
simbolo dell’universalismo cattolico, che, in quel luogo, contraddice
l’identità laica e garantista dello Stato. Ritengo molto grave l’affissione
di un simbolo confessionale di parte nel luogo che, altrimenti, dovrebbe
accogliere il ritratto del Capo dello Stato o il tricolore, simbolo
dell’Italia”. Il caso Martella è analogo a quello di Luigi Tosti, il
giudice che chiese – per non discriminare i cittadini - l’affissione nei
luoghi pubblici degli altri simboli religiosi, dei simboli atei e non soltanto
la croce, oppure la rimozione del crocifisso. “Tra le più gravi, esprimo due
considerazioni:” continua Martella nella lettera inviata al Capo dello Stato.
“La Cei, organo dei vescovi in Italia, e lo stesso Vaticano non
rinunciano ad orientare le scelte politiche dei cattolici, ponendosi, in questo
modo, in una evidente posizione politica di influenza, incompatibile, quindi,
con la neutralità di un ufficio pubblico. Sul piano della coscienza civile,
è intollerabile la condivisione da parte di una istituzione pubblica di un
messaggio che dichiara in modo esplicito il diritto morale del genitore – nelle vesti divine – di incarnare e
far sacrificare il figlio per la inopinata “salvezza” dei cattivi e dei
violenti! Il significato ambiguo del martirio cristiano è una pedagogia
perversa rivolta all’influenza concreta degli affetti familiari, ed è causa
di inevitabili introiezioni sadiche ed autolesive nei giovani. Poiché
ritengo” conclude Martella “che la civiltà sociale e la salvezza del
singolo risiedano nell’educazione al rispetto ed alla responsabilità di
ciascuno, e non nel rito sacrificale di un debole, denuncio nel modo più fermo
e pubblico la preoccupante caduta di coerenza democratica nelle istituzioni”.
Non resta che aspettare per vedere se il crocifisso verrà rimosso. Informazioni
e adesioni: axteismo@yahoo.it tel.
3283841536, tel. 3393188116 http://nochiesa.blogspot.com