Ciao Sergio,
Tornando sull’argomento della Passione di Cristo, credo di aver capito l’ inganno (ricatto) dove sta. Cristo avrebbe sofferto fino alla morte per dimostrare il suo Amore per noi. Questo fatto è virtualmente una bella trovata. Senza nessun contesto reale, preciso e storico [cristo non è esistito storicamente], essa non ha nessun valore, perché a questa stregua si può inventare tutto su tutto. Il fine della trovata è quello di asservire il fedele incastrandolo in un meccanismo psicologico di riconoscenza / debito .
L’ho capito nel momento in cui sono riuscito ad
uscire dalla gabbia del senso di deferenza e colpa che questa pantomima
tragicamente grottesca ,ha sempre suscitato in me, automaticamente. La soluzione
è uscire dagli automatismi e pensare liberamente. Grazie dello spirito che
manifesti nelle tue idee che apprezzo anche quando mi sono ostiche,
un caro saluto.
Marco
Caro
Marco,
Nella
diffusa passione per Cristo e per il suo sacrificarsi per l’umanità, il
problema è proprio questa decontestualizzazione non solo storica, ma
innanzitutto causale del gesto di donazione della vita: che senso ha donare la
propria vita (o consegnarsi a chi ti uccide) al di fuori di un contesto di
logicità?
Salvo
D’Acquisto, l’”eroe” che si immola per salvare altre vite dalla furia
nazista è ben contestualizzato in una situazione estrema, dove il sacrificio è
il male minore e costituisce la salvezza per alcuni; mentre per l’eroe la
morte sarebbe intervenuta in ogni caso. Il principio di autoconservazione è
salvo. Se un individuo non ha ben fermo e consapevole il rispetto per la propria
esistenza non saprà mai che cosa è il bene anche per gli altri.
Nel
cristianesimo il sacrificio come modello di prescrizione pedagogico è
presentato come valore astratto, a priori, è avulso da ogni contesto che non
sia il masochismo metafisico fine a se stesso. Il bambino viene educato ad una
prospettiva di autolesionismo che coincide con il “bene” mentre se si
sottrae per reazione diviene il diabolico e il cattivo, peccatore e blasfemo.
In
realtà, il contesto in cui il sacrificio si realizza ha senso c’è eccome!
Non è un significato visibile nel sistema razionale e sociale dei rapporti
umani: esso nasce ed è diretto all’interno del mondo familiare degli affetti.
È un criterio indicibile perché sostanzialmente crudele e disumano, per tanto
rimane nelle pieghe fumose del mistero mistico e della suggestione. A cosa serve
il sacrificio del figlio (in quanto figlio si badi bene)?
Serve a tenere unita la famiglia (il gregge del buon pastore) intorno ad
una autorità gerontocratica (materna) anche quando la famiglia stessa non ha più
senso dopo che i figli sono cresciuti e tendono a farsene una propria. La morte
di uno tiene uniti tutti gli altri. Si pianifica e si realizza la modalità di
scarico nel cerchio uroborico dell’incesto per impedire che l’irrompere del
tempo generazionale rompa l’identico del cerchio nel simile e cangiante della
spirale. Nella spirale le cose si ripetono, è vero, ma mai identiche a se
stesse, non c’è il clone della generazione, ma il divenire si realizza in
modo originale: dall’origine verso la realizzazione della specie. Questa è la
forma della natura; ad ogni primavera rinascono le foglie sugli alberi ma non
sono le stesse foglie cadute in autunno.
Nell’illusione
dell’incesto cristiano invece tutto tende all’identico, si nega il
cambiamento irreversibile che è la stessa vita; ne consegue la sconfitta
pianificata in questa vita e la moneta falsa di un al-di-là che dovrebbe
compensare il furto dell’unica e vera esistenza. Nel corto circuito si uccide
un bambino, non per caso, nato predestinato. Nel cerchio del Colosseo si svolge
un rito analogo: si mette in scena la morte per l’illusione di controllarla.
Per i Greci, no: in scena andava rappresentato il dramma della vita, oppure
l’agone sportivo, la bellezza dei corpi e le passioni. Grandi campioni di
matricidio questi Greci! Basti pensare alla sconfitta delle amazzoni,
all’uccisione della medusa, del grande pitone ad opera di Apollo, alla
distruzione del labirinto-utero-incesto di Crosso, al matricidio di Elettra ed
Oreste, alla sconfitta delle Erinni che perseguivano i matricidi, alla vittoria
della legge sul sangue.
I
cristiani si rifanno ai miti superati dai Greci, alle Menadi assassine e
figlicide. La madonna che trattiene nella placenta sudario il figlio di 33 anni
è una menade sputata.
L’uccisione
del figlio è l’icona centrale e l’educazione obbligata da infondere nei
figli fin dal battezzo. Il figlio non può essere più l’eroe greco (colui che
media tra gli dei e gli uomini a favore di questi ultimi), egli è la vittima di
un possesso (potere del sesso familiare) che non ammette cambio di poteri.
Il
dio cristiano si identifica in tutto con gli esseri che uccidono materialmente
il figlio nel quale dice di incarnarsi. Sono questi genitori cristiani che
uccidono il figlio. Per amore di che, se non del loro smisurato egoismo? La loro
dittatura si realizza con i mezzi dell’affetto: si festeggia per il figlio
prodigo sconfitto (il progetto di autonomia nella vita ridotta a presunzione e
farsa!), si pretende immacolata la sessualità della figlia (l’alter ego è
Maddalena la peccatrice), la carne ed il sangue del figlio reintegrano l’imene
ostia del dio-madre che ha partorito. Questo dio è trino perché ingloba anche
il maschile nei suoi attributi divini.
Ciò
nonostante la suggestione è forte. Come può un figlio immaginare tanta
perversione nel genitore? Egli è indifeso fin dalla nascita, è fedele e
credente negli affetti di casa. Qui sta la forza dell’inganno: il credo in
quanto tale è una truffa confezionata. Un figlio educato al sacrificio accetta
di essere abusato. Mischia il sangue con il latte. E come potrebbe fare
altrimenti?
Spetta
alla coscienza sociale e culturale delle persone più emancipate far saltare
l’egemonia della violenza che il cristianesimo incarna nella forma della causa
primaria. L’educazione cristiana è la causa della violenza! Anche se più
spesso sono i bracci secolari ad attuarla. Gli effetti di questo movente
appariranno come semplice devianza; la chiesa attribuisce tutto ciò
all’innata cattiveria dell’uomo. Ipocriti e assassini questi signori della
chiesa!
Ti
lascio dopo l’ennesima tirata. Spero di non essere stato noioso.
Un
caro saluto.
Sergio