Il Cielo e la Mappa

 

Scienza, coscienza e liberazione

Fatti, effetti e affetti: la mappa del destino

 

È anche per ansia di protezione dalla distruttività materna (tanto più forte quanto più il parto è negato come scissione avvenuta) che il messaggio letterario di Carlo Lorenzini fa la parodia maschile alla prerogativa della donna di generare. Egli scrive la sua morale nell'interesse dei nati e dell'effettiva possibilità che essi si realizzino vivendo differenziati dall'enorme potenza generante. Non c'è confronto di rispetto possibile tra il creatore e il suo prodotto, e tanto meno c'è modo di giungere a precisarsi come soggetto libero se il padre, nel ruolo terzo dell'altro che prelude alla profondità del sociale, non se ne fa garante.

Sul raggio tra l'asse centrale dell'identità (ma-dre) e la circonferenza elicoidale dell'identificazione (pa-dre) si decide la ma-p-pa del destino di ciascuno, la spazializzazione di ogni spettanza di vita. Ecco il Destino! Nei fatti della vita sono iscritti gli effetti delle influenze formative degli affetti. Il figlio è un effetto oggettivo che nasce in credito di una sua identità di soggetto. La misura della sua libertà, autonomia ed arbitrio è necessariamente funzione di un'altra attrazione affettiva, differente dal soggetto generante, cioè di un campo di forza (paterno e sociale) che solleva il figlio dallo schiacciamento gravitazionale sull'identità di fusione da cui è nato.

Solo l'amore oblativo, la generosità può giustificare una rinuncia, per il bene dei figli, ad una parte almeno del potere che il corpo creatore ha sul corpo dei nati.

Amore per amore e non per gli effetti di legame dell'affetto. Ciò che è fatto compiuto non deve essere negato. Quante donne sono così consapevoli e mature da disinvestire dai figli divenuti adulti e, anche a costo di una depressione, reinvestire sulle proprie relazioni affettive e sociali? Quella dell'emancipazione è, tutta intera, la questione umana. Il superamento del matriarcato e la conseguente invenzione della civiltà sociale è fino ad ora la migliore risposta che l'umanità si sia saputa dare.

 

 

La chiesa non è una democrazia

 

La chiesa matriarcale, di contro, non può che affermare che l'onnipotenza di dio, in quanto madre e creatore, nulla ha a che vedere con la democrazia e il reciproco rispetto: egli pretende e può in quanto funzione creante e non controllata.

Forse il più cristiano dei papi afferma: "La chiesa non è una democrazia". Sui quotidiani del 21 novembre 1998, rivolta alle domande di riforma dei fedeli d'Europa, viene ribadita la verità nota da sempre: la democrazia non è cosa che riguardi santa madre chiesa. Le conseguenze di questo dettato sono ciò che caratterizza da sempre l'azione del centro vaticano:

a) l'intolleranza verso la naturale espressione delle altrui culture spacciata come evangelizzazione;

b) l'impossibilità ideologica di poter condannare la violenza istituzionale quale il ricorso alla guerra e la pena di morte[1];

c) la necessità di occupare il sociale come controllo sulla formazione, circolazione e governo delle idee;

d) l'incapacità di distinguere il simbolico rituale come astrazione (che pur rappresenta il sano bisogno di spiritualità di ciascuno) dalla lettera del reale, per cui la morte del figlio in croce diviene modello pedagogico e quindi causa efficiente di tanto autolesionismo nei giovani.

L’introiezione del modello masochista d’identificazione proposto da quel particolare e diffuso stile di affetto famigliare che si riconosce nel messaggio cristiano è la radice stessa del burn out giovanile che, dalla droga all’autolesionismo dei divi, è divenuto godimento pervaso di pietà elevato a spettacolo sociale. I figli educati all’insegnamento dell’amore del sacrificio e dell’obbedienza elaborano passioni e tragedie di una gioventù bruciata. Come si può educare senza il fondamentale principio del rispetto reciproco?

La grande madre è tiranna sopra i corpi e impone la sua ideologia nel dettato delle religioni. Si affaccia legittimo il sospetto - che nessuna autoassoluzione potrà cancellare dalla coscienza della storia - che se è vero, come è vero per sua esplicita ammissione, che la morale cristiana non è strutturalmente capace di democrazia, allora non può che essere stata la madre di ogni dittatura.

La chiesa di Roma è, nel modo più coerente, incapace di esprimere anche solo l’idea di una società di liberi e responsabili, non in quanto religione, ma perché è l’esemplificazione più diretta e dichiarata del dettato matriarcale: è il matriarcato in quanto trasposizione sul piano sociale del paradigma possessivo della madre che è incapace di accedere e tanto meno di soddisfare l’idea di libertà. La chiesa si esprime nella piaga, nel bisogno e nella sofferenza. La necessità e il ricatto della colpa sono imposti come debito ineludibile sui figli; la rappresentazione dell’esistente è quella di un mondo perennemente malato. Un universo che, nella visione dell’egocentrismo ginocratico, non può essere tollerato se non in quanto creato (in ogni caso come prodotto di una gestazione al femminile).

La divulgazione scientifica le oppone invece, con la teoria cosmologica del big bang, una spiegazione nei termini dell’orgasmo in chiave maschile. Comunque sia, la grande madre è certa che il sole le giri ancora intorno.

 

 

Cosmologia della piaga e fisica dell'illuminismo

 

È il caso di considerare se davvero il mondo esiste come spiegazione a immagine e somiglianza dell’essere umano o se invece sia più giusto osservare che siamo noi a ricalcare, in quanto esseri biologici, le leggi gravitazionali della materia e della fisica del cosmo.

La rotazione terrestre ci impone l’alternanza tra la luce del giorno e la notte non solo nel ciclo sonno-veglia, ma anche nell’opposizione tra il conscio e l’inconscio. È dall’illuminismo in poi che si è aperta la ricerca, culminata con la teoria freudiana, del far luce nella notte della psiche. Dal momento in cui fisicamente l’uomo ha illuminato la notte, era ineluttabile che si accendesse anche la mente alla trasparenza della ragione. È l’evoluzione: il fisico determina il fisiologico, sulla fisiologia si struttura l’affettivo e sulle emozioni si aprono i discorsi della metafora sociale. In modo dialettico, anche la tecnologia impone balzi di emancipazione. Il percorso è accidentato perché il processo di adattamento crea innanzitutto impulso di reazione fino al limite della rottura.

In questo senso il matriarcato, come moto reazionario di ritorno al passato, ha il destino segnato; a meno che non si accetti di avviare un percorso di autodistruzione.

Aveva ragione la chiesa ai tempi di Galilei a temere il cannocchiale: abbiamo scoperto e superato i confini della madre. E anche di dio.

E se è la terra che gira intorno al sole, è dunque la funzione del padre, in quanto funzione di identità (genetica) e di identificazione in alternativa alla madre, il registro emancipatore costitutivo del soggetto atto a fare la differenza nel processo di individualizzazione dello sguardo del soggetto verso il sociale. Giungere a pensare se stessi è la funzione connotativa più alta della specie umana. L'alternativa sessuale del padre è il migliore degli esiti da augurarsi, per entrambi i sessi, dopo il distacco inaugurato con la nascita. Secondo Marx[2]:

 Il sole è l'oggetto delle piante, un oggetto a loro indispensabile, un oggetto che ne conferma la vita; parimenti la pianta è oggetto del sole, come estensione della forza vivificatrice del sole, della forza essenziale oggettiva del sole. Un essere, che non abbia un oggetto fuori di sé, non è un essere oggettivo. Un essere che non sia esso stesso oggettivo nei confronti di un terzo, non ha nessun essere per suo oggetto, cioè non si comporta oggettivamente, il suo essere non è oggettivo. Un essere non oggettivo è un non-essere.

 La presenza materna, se è indispensabile in quanto presiede alla vita e ad ogni principio di legame, è carente da sola a garantire un adeguato sviluppo dei figli.

Un albero grande e florido è in grado di fare ottimi frutti e semi, ma cosa accadrà a quei semi se finiranno con il cadere ai piedi dell'albero, se non potranno essere invece dispersi dal vento? Ebbene, i nuovi alberelli cresceranno ma-lati o non cresceranno affatto o, per vivere, dovranno augurarsi la morte dell'altro (arriveranno ad odiare gli anziani? Assistenza, pietà ed eutanasia sono le espressioni di copertura di una distruttività accumulata). Così è anche la società chiusa, "privata" che non è matura a sufficienza per garantire ai bambini un esordio immediatamente pubblico e sociale, oltre il corpo della madre che li considera ancora cosa esclusiva, sua proprietà privata. Saranno facilmente legati all'utero della fabbrica da una catena di montaggio o disposti all'autosfruttamento; saranno centrifugati nelle discoteche, sotto la dipendenza artificiale della droga.

Coloro che già danno garanzia di obbedienza, possono accedere ad una dipendenza lavorativa programmata, in una banca per esempio, o in una istituzione dove i legami di transfert sono gerarchicamente predefiniti. Le celle delle prigioni accolgono i feti umani più riottosi.

 

L'esito sociale sconta il limite sadico dell'appartenenza prolungata, dell'incesto, dell’accumulo conseguente di aggressività, dell'inevitabile controllo come fuga dalla libertà. Del rifiuto come scrittura della storia come scoria. Per questo ogni inno all'unità placentare della famiglia dovrebbe perlomeno limitarsi ad una epoca in cui i figli sono ancora bambini e non oltre. Le madri cristiane non ne sono capaci.


[1] Catechismo della Chiesa Cattolica, Vaticana ed., Roma, 1992.

A pagina 557 si legge: “…l’insegnamento tradizionale della Chiesa ha riconosciuto fondato il diritto e il dovere della legittima pubblica autorità di infliggere pene proporzionali alla gravità del delitto senza escludere – in casi di estrema gravità [sic!]– la pena di morte”.

[2] K. Marx; citato in: Ivano Spano, Immagini della cultura, Edizioni Angelo Guerini e Ass., Milano, 1998, p. 53.

 

 

 

 

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