Ti
amo Giuliana,
da
quando la terra si è fatta strana.
Amo
il tuo corpo da pin up matura,
il
crine folto e scuro fino all’attaccatura.
Mi
commuove al limite della smania
l’antropologica
bellezza della tua natura.
Di
più ti amo, Giuliana,
da
quando l’aria si è fatta strana.
Da
quando graffiti felini hanno solcato
le
lavagne del cielo. Come se invisibili muri
potessero
udire, oltre ogni suono, capire
la
logica danza di nembi velieri, coprire
con
nuove trame le storie sceneggiate
con
fili d’aria da nubili fate.
Ti
amo ancor di più, Giuliana, da quando
la
paura, con urgenza mi segnala
quanto
sia buia e dura la natura.
Spengo
la sera la luce al mio balcone.
Fragore
di stelle si abbatte al suolo
per
ogni dove. Un artificio di galassie
invade
il manto delle forme nere.
Il
pianeta sembra avere invidia
per
l’origine del cielo, al punto da oscurare
il
vero con un autogeno bagliore.
L’anfibia
terra si ostina a misurare
il
suo gracidio di luci con la mandria
lattea
del divino bove.
Terra
matrigna
si
attarda a rimirare
con
bramosia di specchio
il
conto delle lune.
Amor
mio, Giuliana, non ho animo
di
dire quanto mi angosci questa natura strana.
Nella
volta dei sogni, proprio all’indirizzo
dei
sospiri, rivive l'assurdo rancore che esclude
l'unica
figlia bella dal gioco dell'amore.
Giuliana,
mia luna, senso e valore,
dalle
reti del cosmo dirigo ogni mio senno
con
verso deciso all’attaccatura del tuo
cuore.
La
costellazione del tuo seno
è la rotta sicura, solo rimedio alla durezza
in
cui sorge la falla del mio sole.
Tra
le odi dell’alba
una minacciosa gioia mi
commuove.
Giuliana, fammi
entrare.
Devo
fare sesso col tuo
cuore.
28 luglio
– 6 agosto 2001
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