Dal punto di vista antropologico è emblematico il riferimento alla costruzione nell’Italia meridionale del mito di Padre Pio. Il personaggio è noto per l’attribuzione vox populi di poteri guaritivi per via delle stimmate sulle mani. Le mani giunte in preghiera ripropongono ancora il simbolo della purezza verginale del genitale femminile; come nella madonnina, anche le mani sono pertanto passibili, nell’immaginario sanfedista, di coerenze fisiologiche che rimandano alla menorrea. Chi meglio di un uomo che si presume mestruato può attrarre e stimolare la mistica devozione di tante donne che nella loro identità sessuale si sentono mancate? Egli espone i segni visibili della fantasia androgina che presume di accorpare nell'unicità di genere il pleonasmo maschile del fallo e l'epistassi della piaga femminile. Il genere femminile traspone su un oggetto esterno il fallimento della propria accettazione; trasfigura l'incapacità di amarsi in conversione isterica e mistica ostensione della piaga. Negare la differenza nell'indifferenziato è l'espressione più coerente dell'immaturità sessuale per una mancata identificazione.
Anche dal punto di vista psichiatrico il caso dell’isterico di Pietrelcina non ha mancato di sollevare qualche ovvia e doverosa presa di posizione nel campo scientifico a fronte dell’incontrastato clamore avviato dalla chiesa e dai media. Luigi Cancrini, psichiatra del Centro studi di terapia famigliare e relazionale di Roma, avanza la liceità di una diagnosi a partire dalla biografia e dall’autobiografia ufficiale che corredano il processo di canonizzazione del soggetto, e giunge ad una diagnosi di “disturbo istrionico di personalità e trance dissociativa”, applicando i criteri standardizzati dal manuale internazionale DSM IV.
Nonostante l’evidenza di una personalità disturbata che negli scritti autografi fantastica di persecuzioni notturne subite ad opera di spiritelli, il frate viene proposto a modello di edificazione pedagogica e, come nel caso della sindone di Torino, è offerto alla suggestione del credo popolare. La scienza del controllo ha imparato da tempo ad assecondare la produzione suggestiva di paradigmi dell’ignoranza popolare. È in ogni caso vero che simili personaggi sono catalizzatori reali delle affezioni fisio-emotive di masse umane, soprattutto femminili, che non accedono ad altri modi di espressione, rappresentazione ed emancipazione sociale. La chiesa e lo Stato del capitale sono fautori interessati e coscienti del mantenimento di larghi strati popolari in un clima di indigenza socio-culturale.
S. Martella, Pinocchio eroe anticristiano. Il codice della nascita nei processi di liberazione. Edizioni Sapere, Padova, 2000, p. 99.
MICROMEGA
Gruppo
Editoriale L’Espresso
Giustizia e pace
3, 1999
PERIZIA PSICHIATRICA SU PADRE PIO
'Istrionismo e trance dissociativa':
una diagnosi scientifica sulle turbe di personalità del frate di Pietrelcina,
'santificate' da Karol Wojtyla
e
acclamate da folle crescenti.
pp.
194-200
Una diagnosi psichiatrica
relativa al caso di padre Pio non è difficile da proporre. Osservato longitudinalmente,
il disturbo di cui ha sofferto padre Pio è, secondo il Dsm IV (il
manuale diagnostico preparato dall'Associazione degli psichiatri
americani e oggi largamente utilizzato anche in Italia e in Europa), un
disturbo istrionico di personalità. Osservato trasversalmente, nelle
sue manifestazioni sintomatiche
più evidenti, il suo è un disturbo di trance dissociativa.
Il disturbo di trance dissociativa
I criteri di ricerca per il
disturbo di trance dissociativa sono di ordine sintomatico e culturale. Il primo prevede
due diverse condizioni morbose che possono presentarsi, in periodi diversi,
nella stessa persona.
Dal Dsm IV:
a) Trance, cioè alterazione
temporanea marcata dello stato di coscienza,
oppure perdita del senso abituale dell'identità personale, senza che vi
sia il rimpiazzamento da parte di una identità alternativa, e associata con almeno uno dei seguenti elementi:
-
restrizione della consapevolezza riguardo
all'ambiente circostante, oppure
focalizzazione ristretta e selettiva sugli stimoli provenienti
dall'ambiente;
- comportamenti o movimenti stereotipati, che vengono percepiti come sfuggenti al proprio controllo.
b) Trance di possessione, una
alterazione singola o episodica dello stato
di coscienza, caratterizzata dal rimpiazzamento del senso abituale
dell'identità personale da parte di una nuova identità.
Ciò
viene attribuito alla influenza di uno spirito, di una potenza, di una divinità o di una altra persona, e viene evidenziato dalla presenza
di uno (o più) dei seguenti elementi:
-
comportamenti o movimenti stereotipati e
culturalmente determinati che
vengono vissuti come controllati dall'agente della possessione;
-
amnesia completa o parziale per l'evento.
Gli
agenti presumibili della possessione sono di solito di natura spiritica (per esempio spiriti dei morti,
entità soprannaturali, divinità, demoni), e vengono spesso percepiti come
impositivi e minacciosi.
Il secondo criterio, di ordine
culturale, pone un problema più generale di rapporto fra questo tipo di
esperienza e i luoghi sociali in cui esso si manifesta. Per parlare di
disturbo di trance dissociativa, scrive il Dsm IV, è necessario che
tali episodi «non siano previsti come parte normale di una qualche pratica
culturale o religiosa collettiva». Il che è sicuramente avvenuto nel
caso di padre Pio, che fu sottoposto in vita, secondo l'opinione di chi in lui credeva, «ad
una vera e propria persecuzione» da parte di
chi, anche dall'interno della Chiesa, non riconosceva la natura
soprannaturale dei suoi disturbi dando luogo, nel tempo, ad una serie di
controversie, spesso assai drammatiche e
causa di gravi sofferenze per lo stesso padre Pio. Come accade assai spesso peraltro a chi soffre di una condizione
morbosa la cui prevalenza è particolarmente elevata «tra le minoranze
etniche tradizionaliste all'interno delle società industrializzate»: in
situazioni, cioè, di cui la terra di padre Pio era ed è esempio fra i più
evidenti nella storia recente del nostro paese. Le
manifestazioni dello star male di padre Pio che con più chiarezza
propongono la validità di questa impostazione diagnostica sono frequenti e
vengono descritte con cura particolare da coloro che
hanno studiato la sua vita. Due ne ho scelte, fra tutte, nel racconto
del suo biografo «ufficiale»; fra' Alfonso Maria Parente.
Padre
Pio fu mortificato, quasi calpestato, dalle forze del male, perché
esse sapevano il bene che avrebbe compiuto durante la sua vita. Già alla tenera età di cinque anni
il piccolo Francesco fu visitato e percosso dal demonio.
In
modo particolare nella torretta di Pietrelcina, dove Padre Pio visse per
un certo periodo, lottava nottate intere contro il diavolo che
si presentava sotto le più diverse sembianze. In una lettera del 1910 egli scrisse che «quei
brutti ceffi sono venuti alle dieci di sera e se ne sono andati soltanto questa
mattina; mi hanno trascinato per la stanza, mi hanno spogliato e mi hanno caricato
di botte, però è venuto Gesù bambino a consolarmi»; in
un'altra, facendo sempre riferimento alle lotte
contro il maligno, affermò che «è venuto Gesù, mi ha raccolto dal nudo pavimento e
mi ha rimesso
a letto» ed in altri scritti raccontò delle visite consolataci di S. Giuseppe
e di S. Francesco dopo le notti passate a lottare con le forze del male. Le
tentazioni erano così numerose da prostrarlo profondamente. Desiderava che
gli fossero, piuttosto, cambiate dal Signore in dolori fisici, per timore di
commettere anche un solo peccato. Una santità, dunque, straordinaria.
Padre Pio stava confessando alcuni giovani seminaristi, poiché a quel tempo il convento fungeva anche da seminario; nell'atto di confessare uno di questi ragazzi, fu sopraffatto da una visione che lo stesso Padre descriverà, qualche tempo dopo, al suo direttore spirituale: gli apparve dinanzi «all'occhio dello spirito» (la definizione è di Padre Pio) un personaggio misterioso che reggeva una lancia con una punta ben acuminata. Il vedere tale personaggio e l'atto stesso dello scagliare la lancia nel cuore di Padre Pio fu un tutt'uno, come egli racconta; da quel momento si sentì ferito a morte (gli fu impressa la piaga nel costato) ed il suo dolore fu così intenso da costringerlo a dire al seminarista di ritirarsi, perché non poteva continuare ad ascoltarne la confessione. I due giorni che seguirono furono, secondo le sue parole, i più dolorosi della sua esistenza e contemperati, nello stesso tempo, da una beatitudine di sapore celestiale.
Secondo gli esperti, quel fenomeno, che tecnicamente è chiamato «trasverberazione del cuore», appartiene ad un grado di elevazione spirituale altissimo, ed è possibile riscontrarlo soltanto nell'esperienza spirituale di pochissimi altri grandi santi, tra cui S. Giovanni della Croce, S. Teresa d'Avila, S. Carlo da Sezze, quest'ultimo poco conosciuto ma anch'egli grande personaggio del mondo e della mistica francescana.
Nel caso di Padre Pio questa esperienza è ritenuta un preludio alla realizzazione meravigliosa che si sarebbe compiuta nel suo corpo e che ebbe luogo proprio nel «coro», la mattina del 20 settembre.
Padre Pio quel giorno aveva celebrato Messa all'altare di sotto; subito dopo la celebrazione, così come era solito fare, era salito nel coro, inginocchiandosi per il ringraziamento al Signore. Durante tale preghiera, fu sopraffatto da una specie di sonnolenza e tutti i suoi sensi si trovarono immersi in una condizione di grande pace e di inesprimibile serenità e tranquillità. Alzando gli occhi, vide dinanzi a sé quello stesso personaggio che un mese prima aveva inferto la ferita mortale; la sola differenza era il fatto che questa volta, dalle mani, dal costato e dai piedi di tale personaggio, grondava sangue abbondantemente. Quando la visione disparve, Padre Pio si avvide che le sue mani ed i suoi piedi erano stati trafitti e grondavano sangue copiosamente.
Si sentì confuso,
umiliato e indegno di portare le medesime ferite che avevano segnato
il corpo di Nostro Signore. Pregò Dio ardentemente
di liberarlo dalla mortificazione ma non dal dolore: questa volta la sua
richiesta non fu accolta e le stimmate rimasero impresse e ben visibili fino al momento della morte quando, miracolosamente,
sparirono senza lasciare alcuna cicatrice. Nonostante il tentativo di tenere
nascosto l'evento, ogni sforzo si rivelò
inutile, soprattutto quando la notizia raggiunse i giornali che ne
divulgarono l'accaduto.
Ancora dal Dsm IV:
Le caratteristiche essenziali del disturbo istrionico di personalità sono un'emotività pervasiva ed eccessiva e un comportamento di ricerca
di attenzione. Gli individui con disturbo istrionico di personalità si sentono a disagio o non apprezzati quando non sono al
centro dell'attenzione. Spesso brillanti e drammatici, tendono ad attirare l'attenzione, e possono inizialmente affascinare le nuove
conoscenze per il loro entusiasmo, apparente apertura e seduttività.
L'espressione emotiva può essere superficiale e rapidamente mutevole.
Gli individui con questo disturbo costantemente utilizzano l'aspetto
fisico per attrarre l'attenzione.
Questi individui hanno un eloquio eccessivamente impressionistico e
privo di dettagli. Convincenti opinioni vengono espresse con acume, ma le
ragioni sottostanti sono di solito vaghe e generiche, senza fatti e dettagli di supporto. Per esempio un individuo con
disturbo istrionico di personalità può commentare che una certa persona sia un essere umano meraviglioso, ma è incapace di fornire esempi specifici di qualità positive che supportino questa
opinione. Gli individui con questo disturbo sono caratterizzati da autodrammatizzazione, teatralità ed espressione esagerata delle emozioni.
Gli individui con disturbo istrionico di personalità hanno un elevato
grado di suggestionabilità. Le loro opinioni e sentimenti vengono facilmente influenzati dagli altri e da momentanei entusiasmi. Possono essere eccessivamente fiduciosi, specialmente nei confronti di figure con forte autorità, a cui attribuiscono la risoluzione magica dei loro problemi.
L'insieme di queste caratteristiche
è molto evidente in una storia come quella di padre Pio: un uomo capace di
stare costantemente al centro dell'attenzione, per l'eccezionaiità delle sue
esperienze. Il tono dimesso con cui ne parla, la naturalezza con cui
le descrive sono sincere (l'istrionico non è un simulativo)
ed hanno un impatto formidabile su chi le ascolta restando «a bocca
aperta». Leggiamo ancora quanto scrive fra' Parente:
Era convinto che quei fenomeni da noi definiti soprannaturali o straordinari fossero invece assolutamente ordinari e comuni a tutte le anime. La cosa acquista per noi un sapore paradossale se consideriamo che Padre Pio nutrì quella convinzione fino all'ormai
matura età di 28 anni, quando gli fu fatto notare che le esperienze di tipo mistico che egli viveva (accostarsi all'Eucarestia e vedere fisicamente Nostro Signore, o la Vergine Maria, o l'angelo custode, o spiriti beati...) erano fenomeni visibili solo a lui.
In altre situazioni, la seduttività
della personalità di tipo istrionico si gioca carte diverse: dalla provocazione
sensuale alla teatralità leaderistica dei gesti e degli atteggiamenti. Quelle
che vengono cercate ed ottenute, qui, sono un'attenzione ed una leadership giustificate
da credenza e illusioni di tipo religioso. Si rifletta, per rendersene
conto, su un episodio marginale riferito con gran precisione
di dettagli da fra' Alfonso Maria Parente.
La piaga del petto è quella più nascosta e difatti, solo pochissime persone hanno avuto la possibilità di vederla. Per averla vista devo «ringraziare» il diavolo; potrebbe sembrare un'affermazione provocatoria, ma è così: c'era una ragazza di 20 anni
circa, impossessata, venuta da Padre Pio in pellegrinaggio per chiedere la grazia di essere liberata dal demonio, ma pochissimi
sapevano. La sera dopo la benedizione Padre Pio passava davanti alla gente
benedicendo sorretto da me. Giunto di
fronte a questa ragazza, bellissima e giovanissima ma attorniata
da quattro o cinque uomini robusti, Padre Pio diede la benedizione
ed improvvisamente, prima che finisse le parole, la ragazza gli si scagliò addosso ingiuriandolo e offendendolo con una
voce grave, da uomo.
Accompagnai Padre Pio lontano da lì, e venni a sapere che questa ragazza era una posseduta, non a livello
psicologico, come capita il più delle volte, ma concretamente.
Ce ne andammo e verso le 10, 10 e 30, sentimmo un rumore all'interno del convento. Era un rumore spaventoso che fece tremare
le pareti del convento come se fosse stato un terremoto, e poi una voce esile: «Confratelli, confratelli...» proveniente dalla
cella di Padre Pio. Andammo di corsa e lo trovammo per terra, a testa
in giù e grondante di sangue: era una posizione strana, non dovuta ad una
caduta normale; sembrava che fosse stato sbattuto con violenza a terra da una
forza soprannaturale. Sollevammo
Padre Pio, incapace di muoversi, e lo adagiammo sul letto. Quasi subito giunse
il suo medico personale che dovette suturare
con due punti la ferita vicino l'occhio destro. Terminata questa operazione
Padre Pio, che aveva la maglia interna
impregnata di sangue, pregò i confratelli di uscire e mi chiese
di aiutarlo a cambiare la biancheria interna. Benché
la luce fosse bassa, a causa di un fazzoletto azzurro che Padre
Pio era solito mettere sopra la lampada, riuscii a vedere la ferita
del costato nonostante i suoi tentativi di nasconderla: aveva una forma
particolare come una croce inclinata; essa non presentava croste, ma
fuoriusciva del sangue sieroso in maniera evidente, non abbondante, ma
continuo.
L'eloquio di padre Pio è «impressionistico e
privo di dettagli». Le sue opinioni «vengono espresse con acume ma le ragioni sottostanti»
sono «vaghe e generiche». È la convinzione relativa alla santità della persona da cui provengono che
attribuisce loro un fascino
tutto particolare. L'autodrammatizzazione e la teatralità sono
efficaci proprio in quanto proposte da una persona schiva, «umile»,
capace di attrarre attenzione attraverso la sua spiccata tendenza ad
appartarsi, a restare nascosto. La suggestionabilità è esistente
fin dall'inizio ma si dirige rapidamente verso le sue stesse
esperienze e le figure diverse che in esse si manifestano. Il
disturbo istrionico di personalità si associa naturalmente al disturbo di trance dissociativo. La vecchia psichiatria faceva rientrare
ambedue nel grande campo dell'isteria: un termine oggi in disuso
ma di cui va riassunto qui il significato di disturbo funzionale (cioè non
sostenuto da lesioni organiche), involontario e non consapevole
(cioè non collegato alla simulazione) e che trae origine (da Freud in poi) in vissuti ed esperienze infantili non correttamente
elaborati. Un disturbo che può esprimersi, e che non essenzialmente
lo fa, anche a livello del corpo: in forma di stimmate o
di piaghe al costato di cui sarebbe ingenuo e sbagliato dire che erano
«simulate» ma di cui è sicuramente lecito pensare che fossero speciali e particolari «sintomi di conversione».
Il dubbio cui non ci si può sottrarre nel momento di trarre una conclusione è quello che riguarda la liceità della diagnosi. E operazione corretta ed utile quella di chi utilizza un manuale per inquadrare o, entro certi limiti, per spiegare i comportamenti di una persona che fu visitata da molti medici ma che mai pensò da solo e per cui nessuno mai pensò di consultare uno psichiatra? Quella di cui ci si rende responsabili agendo in questo modo non è, in qualche modo, una forma di prevaricazione? Non obbedisce egli stesso, lo psichiatra, nel momento in cui fa diagnosi utilizzando la biografia scritta da un devoto confratello di padre Pio, ad un bisogno profondo di esorcizzare il sacro o il soprannaturale, l'esperienza che gli è ignota e che potrebbe mettere in contraddizione il sistema di valori e di credenze consolidate cui anch'egli, lo psichiatra, affida una parte del suo equilibrio personale? Non tenterò di dare risposta all'insieme di questi interrogativi semplicemente perché, in un dibattito del genere, mi sento e sono parte in causa: persona legata, cioè, ad una posizione costruita nel tempo, vissuta con forti livelli di partecipazione, difficile da relativizzare ragionando. Il problema è serio, tuttavia, perché è intorno a storie del tipo di questa che si definiscono, ancora oggi, sentimenti di appartenenza, visioni del mondo, forme del giudizio capaci di influire profondamente sui comportamenti collettivi. La diffusione e la santificazione di un sentimento religioso affascinato dalle imprese (sintomi) di un santo (persona con gravi disturbi personali) significa, da questo punto di vista, promozione e diffusione fra i fedeli di una credenza che molti pensavano superata: il male del mondo, si legge nella vita di padre Pio, è opera del diavolo e delle tentazioni cui un grande scommettitore (Dio) esporrebbe la creatura uomo semplicemente per vedere se ad esse sarà in grado di resistere; credenza medievale dal punto di vista della collocazione storica, primitiva e un po' perversa dal punto di vista dell'organizzazione psicologica di chi la provoca o la condivide e che non è stata mai negata apertamente, tuttavia, dalla Chiesa di Roma.
Viene spontaneo dire, sulla base di queste osservazioni, che sarebbe
stato assai più utile, più creativo, più maturo e più sano diffondere
e santificare, alle soglie del Duemila, in un momento in cui la Chiesa
di Giovanni Paolo II tenta di ricostruire rapporti con le altre Chiese del mondo nel nome e nel segno di una ritrovata spiritualità,
altre forme di religiosità, altri modi di leggere il messaggio del Vangelo. A
titolo di esempio e senza pretesa di prevaricare, da parte di un non religioso,
procedure scelte di persone che credono, sarebbe stato meglio santificare,
forse, don Lorenzo Milani: un uomo capace
di produrre, a Barbiana, miracoli molto più seri e più grandi
di quelli prodotti dalle stimmate di padre Pio. Che questo tipo di discorso non
passi e che le folle siano chiamate ad acclamare
il mistero del sintomo (le stimmate) invece che la chiarezza della
parola (il Vangelo) significa, in fondo, che il sentimento religioso
rappresenta ancora oggi, per milioni di persone, un modo di evitare
il contatto con la realtà: continuando a raccontarsi favole di cui
l'inconscio profondo del singolo si serve per gestire, esprimere,
simbolizzare conflitti non risolti e di cui le istituzioni continuano a
servirsi per restare se stesse, luoghi e riti cui gli individui sacrificano
la loro possibilità di essere se stessi. Diceva a Gesù tornato in terra
il grande inquisitore di Dostoevskij che
l'uomo non tollera il peso della libertà. Che Egli aveva sbagliato
e sbagliava proponendogli un compito superiore alle sue forze. Che
compito della Chiesa era quello di salvare l'uomo da questo peso difendendolo dalla forza eversiva della Parola. Come andava in
principio ed ora e sempre: o, per lo meno, oggi.